6 Febbraio 2018
Ogni paese europeo gestisce autonomamente le domande dei richiedenti asilo
Vero. Nel 1990 a Dublino, capitale dell’Irlanda, fu firmata dall’allora Comunità europea (CE) una convenzione per determinare quale Stato membro fosse competente per l’esame di una richiesta d’asilo. All’epoca, la CE non aveva nessuna competenza su questa materia, per questo fu firmata una convenzione internazionale, direttamente dagli Stati membri. L’obiettivo era quello di armonizzare le norme e individuare dei criteri condivisi sulla gestione delle domande di asilo in un’epoca in cui i flussi migratori non riguardavano numeri importanti. Nel 2003 la convenzione è stata trasformata in un regolamento europeo, norma vincolante e direttamente applicabile negli Stati membri, che prende il nome di Dublino II. La versione attuale del regolamento, adottata nel 2013, è denominata Dublino III e ha introdotto alcune novità rispetto al passato, espandendo alcuni ambiti di tutela. Ad esempio: l’introduzione dello scambio di informazioni sanitarie a tutela del richiedente.
Il regolamento di Dublino penalizza paesi frontalieri come l’Italia
Vero e falso. Su un totale di 1,2 milioni di richieste di asilo nell’UE nel 2016, il 60% sono state registrate in Germania, il 10% in Italia, il 6% in Francia e il 4% in Grecia. Come conseguenza dell’aumento dei flussi migratori negli ultimi anni, l’applicazione del regolamento di Dublino ha fatto sì che, nella maggior parte dei casi, lo Stato membro di primo ingresso del richiedente asilo nel territorio dell’Unione sia anche responsabile dell’esame della domanda di asilo. L’unità del nucleo familiare e la tutela dei minori non accompagnati rappresentano i principali motivi di deroga a queste norme.
Ma in concreto in che modo il regolamento di Dublino regola le richieste di asilo?
Il regolamento di Dublino stabilisce criteri e meccanismi per determinare quale Stato membro sia responsabile dell’esame di una domanda di asilo. L’obiettivo è consentire un accesso rapido alle procedure di asilo e a garantire che una domanda sia esaminata nel merito da un unico Stato membro individuato chiaramente. Nella maggior parte dei casi si tratta dello Stato membro di primo ingresso, ma può trattarsi anche dello Stato membro che ha rilasciato il visto o il permesso di soggiorno a un cittadino extra-UE che decide di rimanere nel paese e chiedere asilo alla scadenza della sua autorizzazione. Il sistema non è stato tuttavia concepito al fine di assicurare una ripartizione sostenibile delle responsabilità per i richiedenti asilo in tutta l’UE, un punto debole emerso durante l’attuale crisi migratoria. In pratica, oggi la responsabilità della stragrande maggioranza delle domande di asilo incombe a un numero ristretto di Stati membri. Una situazione che può mettere a dura prova le capacità di qualsiasi Stato membro.
L’UE non fa nulla per cambiare la situazione. L’Italia è lasciata sola.
Falso. La Commissione ha proposto una riforma del sistema di Dublino al fine di istituire un meccanismo equo e sostenibile. Per porre rimedio alle debolezze intrinseche del sistema, nel 2016 la Commissione ha presentato una proposta di riforma del regolamento che lo snellisce e lo integra con un meccanismo correttivo delle assegnazioni. I principali elementi della proposta sono:
- un nuovo sistema automatizzato per controllare il numero di domande di asilo ricevute da ciascuno Stato membro e il numero di persone effettivamente reinsediate dai singoli Stati membri;
- un meccanismo di riferimento per contribuire a stabilire se uno Stato membro sia sottoposto a una pressione sproporzionata;
- un meccanismo correttivo per attenuare tale pressione.
Si tratta di un’iniziativa volta a ribadire il valore fondante di solidarietà all’interno dell’Unione europea, stabilendo un’equa ripartizione delle responsabilità per le richieste di asilo. Attualmente la riforma è in esame al Parlamento europeo e al Consiglio UE secondo il regolare iter legislativo.